domenica 21 agosto 2011

Nel Brunei

Sul Brunei non ci sarebbe nulla da scherzare. Non è una specie di San Marino col petrolio, come uno potrebbe credere, anzi, per arrivare dal confine sud alla capitale, Bandar Seri Begawan – BSB per gli amici – uno deve percorrere la bellezza di 110 chilometri fra giungle falciate e bandiere giallo-rosso-nero-bianche ad ogni lampione. E anche se il Brunei è uno dei soli 4 paesi al mondo a non giocarsi le qualificazioni ai mondiali del 2014 (per dire, gli altri sono Mauritania, Bhutan e Guam), pochi altri possono esibire in faccia al mondo un hotel a 7 stelle e moschee da fare invidia ai sauditi.

Infatti sul Brunei non ci sarebbe proprio nulla da scherzare, se non fosse per una famiglia reale da ridere per non piangere. Entri a BSB ed è una normale città malese, magari un po’ più benestante, ma senza Ferrari per le vie, finché non arrivi nei punti ai quali ha messo mano il sultano. C’è una moschea enorme. Anzi due, solo che mentre una rimane nascosta in periferia, l’altra è in pieno centro, con uno stagno a semicerchio e una nave finta in cemento, giusto per rendere l’idea della raffinatezza e modestia del più potente fra i trecentomila abitanti di questo piccolo pazzo morso d’insetto sulla foglia verde del Borneo.

Lo stagno poi dà direttamente sulla parte più povera di un villaggio su palafitte. Case di assi di legno storte con vista su acqua densa di bottiglie di plastica e un varano che passeggia sulla stretta passerella che unisce le abitazioni, chiudendo la via come i mostri del Pacman. E poi arrivi nella piazza centrale, il padang, che come nelle città malesi è un prato erboso (di solito un campo da cricket riconvertito), ma qui è dominato da una gigantografia del sultano, con il suo pizzetto chiaramente ispirato ai giorni migliori del colonnello Gheddafi. È in tenuta militare, ma tutto attorno, sui palazzi che danno sulla piazza, campeggiano striscioni enormi con la faccia dello stesso in costumi diversi per ogni occasione. Costume da parata, caffetano da uomo pio e tenuta da golf. Mancano solo il pompiere e il poliziotto.


Le strade della città sono invase da altri striscioni inneggianti in malay, inglese e arabo al suo sessantacinquesimo compleanno. In pratica il Brunei sarebbe una specie di Qatar o Bahrein, con la sola differenza che il sultano non condivide il suo patrimonio con i sudditi, ma lo investe nella glorificazione della sua immagine. Vedendo quella fotografia in cima al palazzo, non riesco a non provare tenerezza per il bisogno d’approvazione di quest uomo presumibilmente fragile, e pensare allo shock di superare una giovinezza da bambino viziato.

Il sultano ha una casa con 257 bagni e un museo che espone i prestigiosi regali donatigli dalle più alte cariche degli altri paesi del mondo. I bruneiani invece vivono in palazzi grigi, come in qualsiasi città della Malesia. Il Brunei è uno dei maggiori clienti della Ferrari, ma come ho scritto, per strada non se ne vede una, solo le solite Proton malesi e qualche utilitaria giapponese. Infatti le Ferrari le ha tutte Jefri (“chiamatemi Jeff”), il fratello del sultano, che ha una collezione di 2000 macchine e 9 aerei privati. In effetti il declino del paese è cominciato quando è stato nominato ministro degli esteri, negli anni ’90, quando il sultano era l’uomo più ricco al mondo prima di Bill Gates. Poi Jeff ha cominciato a dare sfogo alla sua creatività. Prendi l’hotel a 7 stelle di cui sopra. In verità era stato concepito come casa per gli ospiti reali, poi convertito in hotel per recuperare una frazione dei soldi spesi per costruirlo. Questo mentre il picco della produzione petrolifera era stato superato e Jeff spendeva 16 miliardi di dollari delle casse dello stato (dollari americani, mica bruneiani) in idee originali per far conoscere il paese a livello mondiale. Notare che l’hotel sorge nel pieno della giungla, non nel cuore finanziario della nazione.


Alla fine il sultano è stato costretto a destituire Jeff e mandarlo in esilio a Londra, dove questo é riuscito a perdere altri 10 miliardi di dollari che non aveva il diritto di possedere. Certo, é stato portato in tribunale, ma tu, sultano, vorrai mica condannare tuo fratello?

Così ora il Brunei è un regno di plastica. Una città grigia e noiosa con un paio di soprammobili giganti, utili al sultano e alla sua gloria. Come prendere in mano una baracca di legno e renderla abitabile comprando un televisore al plasma. Puoi invitare i tuoi amici per vedere la Champions in treddì, ma non offrirgli da bere, che se dovessero passare per il bagno potrebbero non apprezzare il cesso a caduta.