Hai presente quando torni da un viaggio, un parto, o un coma,
e ti chiedono allora, come è andata?
Ecco, è proprio così. Nel senso che dovrei scrivere due
righe sulle prime impressioni della mia nuova emigrazione, e invece mi viene
solo bene,
grazie, perché proprio non saprei da dove cominciare.
Tante cose, nessuna importante.
Potrei dire che qui se vuoi una bistecca al sangue devi dire
ben cotta, se no te la portano appena
scottata. Ma scottata proprio nel senso umano del termine, come dopo la prima
giornata al mare. Che se solo la impanassero di crema solare, la tua bistecca
rimarrebbe cruda. Sempre meglio del resto, perché qui per piacere, il cibo deve
avere l’aroma da bagno d’autogrill dei
formaggi o l’aspetto pastoso da bolo masticato dei vari preparati di carne
deformata. E in fin dei conti ben vengano, questi pastrocchi culinari, se qui
nel quartiere ne sono tanto orgogliosi
da aver proibito le paninoteche seriali.
E le strade sono proprio come me le ricordavo da un viaggio
in Provenza che ho fatto a 12 anni: piene di merde di cane. Espando: c’è
perfino una piazzetta qui vicino, che ha quattro aiuole, di cui una piena di
sabbia, apposta perché almeno le merde si raccolgano là e non sulla strada. Là
attorno – soprattutto là attorno, ma un po’ ovunque, nelle giornate calde l'aroma è lo stesso che si respira in un
caseificio. Sarà che qui il formaggio piace. Ieri mi sono reso conto che ancora
non riconosco gli edifici della mia zona, perché mentre cammino tengo lo
sguardo fisso sulla punta degli infradito.
Sono cose così, piccole, tipo che noi quella cosa gialla e
molliccia la chiamiamo in francese, crème
caramel, mentre loro dicono fl’mnbì.
E poi c’era anche quell’altra cosa, ah, ecco: forse non
sapete che la percentuale dei maschi francesi con la barba è alta quanto quella dei grillini ad un convegno
sugli UFO.
Ecco, chissenefrega? Io,
perché sono i pezzi della mia nuova vita.